La Commissione tributaria regionale Lombardia con la sentenza n. 702 del 19/02/2021 conferma quanto verrà indicato in merito alla distribuzione degli utile nel non profit. Nel non profit vi è divieto di distribuzione sia diretta che indiretta degli utili
L’assenza di lucro deve intendersi non nella gratuità delle attività, ne’ nel mancato produzione di avanzo da rendiconto , ma nel divietò di distribuzione dello stesso
Se vogliamo ricercare il divieto che oggi viene definito nel dlgs 117/2017 dobbiamo risalire all’emanazione del dlgs 460/2017 all’art. 10 in merito alle onlus. Si considerano in ogni caso distribuzione indiretta di utili o di avanzi di gestione:
a) le cessioni di beni e le prestazioni di servizi a soci, associati o partecipanti, ai fondatori, ai componenti gli organi amministrativi e di controllo, a coloro che a qualsiasi titolo operino per l’organizzazione o ne facciano parte, ai soggetti che effettuano erogazioni liberali a favore dell’organizzazione, ai loro parenti entro il terzo grado ed ai loro affini entro il secondo grado, nonché alle società da questi direttamente o indirettamente controllate o collegate, effettuate a condizioni più favorevoli in ragione della loro qualità. Sono fatti salvi, nel caso delle attività svolte nei settori di cui ai numeri 7) e 8) della lettera a) del comma 1, i vantaggi accordati a soci, associati o partecipanti ed ai soggetti che effettuano erogazioni liberali, ed ai loro familiari, aventi significato puramente onorifico e valore economico modico;
b) l’acquisto di beni o servizi per corrispettivi che, senza valide ragioni economiche, siano superiori al loro valore normale;
c) la corresponsione ai componenti gli organi amministrativi e di controllo di emolumenti individuali annui superiori al compenso massimo previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 10 ottobre 1994, n. 645, e dal decreto-legge 21 giugno 1995, n. 239, convertito dalla legge 3 agosto 1995, n. 336, e successive modificazioni e integrazioni, per il presidente del collegio sindacale delle società per azioni;
d) la corresponsione a soggetti diversi dalle banche e dagli intermediari finanziari autorizzati, di interessi passivi, in dipendenza di prestiti di ogni specie, superiori di 4 punti al tasso ufficiale di sconto;
e) la corresponsione ai lavoratori dipendenti di salari o stipendi superiori del 20 per cento rispetto a quelli previsti dai contratti collettivi di lavoro per le medesime qualifiche”.
L’applicazione di tale disposizione è stata estesa in via interpretativa alle altre associazioni senza scopo di lucro (Agenzia delle entrate, circolari n. 124/E del 1998 e n. 21/E del 2013 e risoluzione n. 38/E del 2010) e alle società sportive dilettantistiche (Agenzia delle entrate, risoluzione del 25 gennaio 2007 n. 9).
L’assenza di scopo di lucro nel codice del Terzo settore
Il citato codice del Terzo settore (dlgs 117/2017) introduce una nuova disciplina in vigore dal 2017 per associazioni di promozione sociale ed organizzazioni di volontariato ma non per le Onlus secondo l’indicazione del Ministero del Lavoro (nota n. 2088 del 27 febbraio 2020). Questa disciplina sarà applicata a tutti gli Ets , ma come si sa saranno gli enti non profit saranno ETS solo dopo l’iscrizione al Runts ( non ancora possibile si prevede il rinvio da aprile 2021 a giugno 2021 )
Secondo il dicastero le Onlus restano soggette al citato articolo finché non sarà abrogato, condizione che si verificherà dall’esercizio successivo a quello di operatività del registro unico nazionale del Terzo settore a condizione che la Commissione europea abbia espresso parere favorevole ai nuovi regimi fiscali introdotti dal codice del terzo settore.
L’articolo 8 del codice prevede in particolare che “si considerano in ogni caso distribuzione indiretta di utili:
a) la corresponsione ad amministratori, sindaci e a chiunque rivesta cariche sociali di compensi individuali non proporzionati all’attività svolta, alle responsabilità assunte e alle specifiche competenze o comunque superiori a quelli previsti in enti che operano nei medesimi o analoghi settori e condizioni”: non abbiamo pertanto più un parametro quantitativo fisso ma la necessità di quantificare le indennità di carica in rapporto alle deleghe assegnate ai componenti gli organi elettivi e quindi alle competenze e alle responsabile assunte per il relativo esercizio oltre alla necessità di verificare che l’entità dell’indennità non sia superiore a quella prevista in enti operanti in medesimi settori;
b) la corresponsione a lavoratori subordinati o autonomi di retribuzioni o compensi superiori del quaranta per cento rispetto a quelli previsti, per le medesime qualifiche, dai contratti collettivi di cui all’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, salvo comprovate esigenze attinenti alla necessità di acquisire specifiche competenze ai fini dello svolgimento delle attività di interesse generale di cui all’articolo 5, comma 1, lettere b), g) o h).
Quindi vengono stabiliti dei limiti anche superiori ai precedenti che comunque non possono essere aumentati sia con riferimento al lavoro dipendente che al lavoro autonomo.
c) l’acquisto di beni o servizi per corrispettivi che, senza valide ragioni economiche, siano superiori al loro valore normale”.
d) le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, a condizioni più favorevoli di quelle di mercato, a soci, associati o partecipanti, ai fondatori, ai componenti gli organi amministrativi e di controllo, a coloro che a qualsiasi titolo operino per l’organizzazione o ne facciano parte, ai soggetti che effettuano erogazioni liberali a favore dell’organizzazione, ai loro parenti entro il terzo grado ed ai loro affini entro il secondo grado, nonché alle società da questi direttamente o indirettamente controllate o collegate, esclusivamente in ragione della loro qualità, salvo che tali cessioni o prestazioni non costituiscano l’oggetto dell’attività di interesse generale di cui all’articolo 5.
Con la nuova formulazione è pertanto possibile garantire un maggior favor ai soci – e soggetti assimilati – quando le cessioni o prestazioni costituiscano l’oggetto dell’attività di interesse generale indicata all’articolo 5
e) la corresponsione a soggetti diversi dalle banche e dagli intermediari finanziari autorizzati, di interessi passivi, in dipendenza di prestiti di ogni specie, superiori di quattro punti al tasso annuo di riferimento. Il predetto limite può essere aggiornato con decreto del ministro del Lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il ministro dell’Economia e delle finanze”, formulazione identica al passato salva la possibilità di aggiornare il limite.
Lo scopo non lucrativo nelle imprese sociali
Il decreto legislativo 112/2017 relativo alle imprese sociali disciplina l’istituto in modo analogo a quanto previsto nel codice del Terzo settore ma prevedendo che non si configura una forma di distribuzione di utili nei seguenti casi;
1) quando l’impresa sociale destina una quota inferiore al 50% degli utili e degli avanzi di gestione annuali, dedotte eventuali perdite maturate negli esercizi precedenti:
a) se costituita in forma societaria, ad aumento gratuito del capitale sociale sottoscritto e versato dai soci, nei limiti delle variazioni dell’indice nazionale generale annuo dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e di impiegati, calcolate dall’Istituto nazionale di statistica (Istat) per il periodo corrispondente a quello dell’esercizio sociale in cui gli utili e gli avanzi di gestione sono stati prodotti, oppure alla distribuzione, anche mediante aumento gratuito del capitale sociale o l’emissione di strumenti finanziari, di dividendi ai soci, in misura comunque non superiore all’interesse massimo dei buoni postali fruttiferi, aumentato di due punti e mezzo rispetto al capitale effettivamente versato;
b) a erogazioni gratuite in favore di enti del Terzo settore diversi dalle imprese sociali, che non siano fondatori, associati, soci dell’impresa sociale o società da questa controllate, finalizzate alla promozione di specifici progetti di utilità sociale;
2) quando l’impresa sociale costituita in forma societaria rimborsa al socio il capitale effettivamente versato ed eventualmente rivalutato o aumentato nei limiti di cui al punto 1) lettera a).
Lo scopo non lucrativo nelle associazioni e società sportive dilettantistiche
Il decreto legislativo 36/2021, la cui entrata in vigore è posticipata al 1/1/2022 e che potrebbe nel mentre essere modificato, offre all’articolo 8 una disciplina del divieto di scopo di lucro per le associazioni e società sportive dilettantistiche adottando di fatto la disciplina delle imprese sociali.
Viene infatti previsto che
Dopo aver evidenziato le norme relative al codice del terzo settore , già attive per aps e odv, al dlgs 112/2017 in merito alle imprese sociali, già in essere e le norme del dlgs 36/2021 – riforma dello sport – in vigore dal 1.01.2022 , si ricorda che la risoluzione del 25.01.2007 n. 9 dell’agenzia delle entrate ha stabilito che la percezione anche indiretta degli utili deve essere valutata comulativamente .
E così è stato considerando il dispositivo della sentenza della Commissione Regionale della Lombardi , già citata che ha esaminato la situazione di una ssd i cui soci percepivano diverse tipologie di compensi quali :